10 Mag 2023
 / The Message

Ripensamenti – Art. 9 a rischio?

Con i piani Next generation EU, Repower EU e Green Deal Industrial Plan l’Europa punta a diventare il primo continente a emissioni nette zero entro il 2050. Per raggiungere tale obiettivo, Ursula Von del Leyen sa che non bastano i contributi dei soli Stati membri, ma che sono necessari anche investimenti privati. Per incentivare tale afflusso di denaro, da un lato è stata creata la Tassonomia, con la quale si definiscono le attività verdi, e dall’altro è stata introdotta l’SFDR, nella quale si classificano i fondi d’investimento (art. 6, 8 e 9) in base alla tonalità di verde dei propri asset. Due strumenti potenti, se utilizzati insieme: da una parte le società devono essere sempre più allineate alla Tassonomia europea, e dall’altra i fondi devono tingersi sempre più di verde, passando da art. 6 a art. 8, e da art. 8 a art.9, perché questa è la volontà dell’Europa.

Dal 2019 al 2022, infatti, gli investimenti sostenibili (principalmente art. 8 e in minor misura art. 9, inizialmente denominati solo ESG) sono cresciuti in maniera esponenziale, arrivando oggi a superare quelli tradizionali (art. 6). La proliferazione degli art. 8, dovuta alla limitata restrizione dell’universo investibile rispetto a un fondo tradizionale (pensiamo che lo STOXX 600 ESG ha 585 costituenti, contro i 600 dell’indice tradizionale), è stata velocizzata anche dalla trasformazione dei fondi già esistenti, rientranti nella categoria art. 6, ai quali è stato apportato qualche piccolo cambiamento. L’effetto negativo che ne è conseguito è stato quello di creare un certo scetticismo negli investitori, che hanno cominciato a considerare questi fondi come il risultato di un’operazione di greenwashing. Da qui l’esigenza di una distinzione più marcata tra fondi classificati art. 8 e art. 9, ossia tra chi investe incorporando blandamente i principi ESG e chi invece deve quantificare numericamente la sostenibilità dei propri asset.

La regolamentazione degli art. 9 però è complessa, le regole lacunose, le interpretazioni molteplici, tutte cose che portano a degli assurdi: alcuni fondi devono affermare di avere investimenti sostenibili non allineati alla Tassonomia europea solo per mancanza di dati, e un fondo long/short non può andare corto di società non sostenibili perché l’universo investibile deve essere composto solo da asset ‘sostenibili’.

In aggiunta, l’Europa sta sempre più stringendo le maglie degli art. 9 per paura che il fenomeno di greenwashing possa anche solo accostarsi a questa categoria di prodotti. Anziché definire meglio le regole, la Commissione europea crea però ancora più incertezza, portando così molte case di investimento a declassare autonomamente i propri fondi da art. 9 a art. 8 prima del gennaio 2023, momento in cui bisogna informare gli investitori in merito alla composizione dei fondi a fine 2022. Secondo il Financial Times, solo negli ultimi tre mesi del 2022, BNP Paribas, BlackRock, Amundi e Pictet hanno declassato €175 miliardi, riducendo il mercato degli art. 9 del 40%.

La complessità della materia è talmente evidente, anche a livello governativo, che sempre il Financial Times ha pubblicato un articolo a fine marzo scorso nel quale ha citato una fonte, vicina alla Commissione, secondo la quale all’interno di quest’ultima si sta pensando di eliminare completamente l’articolo 9.

Quando si vuole fare una rivoluzione, si cammina verso l’inesplorato: molti sono gli ostacoli sul percorso e altrettanti gli errori che si possono commettere. Ma se l’idea è buona (chi direbbe che un mondo più sostenibile non lo sia?), bisogna persistere. La cancellazione dell’art. 9 priverebbe l’Europa del prodotto principale da proporre agli investitori per sostenere la trasformazione energetica. Gli investimenti in attività non sostenibili potrebbero durare ancora a lungo, l’obiettivo del 2050 diverrebbe un’utopia e l’Europa perderebbe la sua credibilità tornando a rivestire - come negli scorsi decenni - un ruolo secondario a livello globale.

Visualizza il pdf
Contattaci
Contatti

21 Rue Aldringen
L-1118 Luxembourg
Tel: +352 27 85 47 1

Follow us
chevron-down