10 Mag 2022
 / The Message

L’ultima chance! – Occasione Italia

Ci sono momenti nella vita in cui bisogna mettersi in gioco, per evitare di deflagrare nel nulla. È necessario escogitare qualche diversivo per non soccombere, per avere un’altra chance. Le strutture createsi nel tempo però sono talmente radicate che bisogna imprimere una forza d’urto notevole per poterle scardinare.

L’Europa vive all’ombra di Stati Uniti e Cina ormai da tempo: la crescita langue, la disoccupazione è più alta che al di là dell’Atlantico e, se guardiamo agli investimenti, nessuna società europea compare tra le prime dieci al mondo. Quale motivo potrebbe mai avere un investitore straniero a investire in Europa? All’interno dell’Europa, poi, l’Italia è tra i paesi che hanno sempre faticato negli ultimi 20 anni a tenere il passo perfino di un continente a rilento.

Con il lancio del Next Generation EU, l’Europa ha escogitato quel forte diversivo necessario a aumentare la crescita, creare nuovi posti di lavoro e tornare protagonista tra le potenze mondiali. Non a caso, nel suo proclama della trasformazione verde, l’Europa sta dettando le linee guida di comportamento. Un esempio è la Tassonomia europea, definita da Ursula von der Leyen il primo vademecum mondiale che definisce cosa è verde e cosa non lo è.

In questo rilancio, l’Italia avrà un ruolo fondamentale, visto che è la maggior beneficiaria del pacchetto del programma di rilancio europeo, con una dotazione di ben 191 miliardi da qui al 2026. E proprio pochi giorni fa un twitter di Ursula von der Leyen annunciava che il primo assegno per l’Italia di Next Generation EU è stato staccato, complimentandosi per le riforme fatte finora. Sì, perché questo è il primo finanziamento soggetto alla valutazione del raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2021, che va a aggiungersi al prefinanziamento iniziale di 25 miliardi della scorsa estate. Si tratta anche di uno dei primi assegni a livello europeo, dopo quelli alla Spagna (dicembre), Francia (marzo) e Grecia (aprile).

Un assegno cospicuo, ben 21 miliardi, che porta il totale finora ottenuto a 46 miliardi di euro da destinare alle sei missioni. Se nel 2021 sono stati fatti investimenti per 12 miliardi, nel 2022 la cifra prevista è più del doppio, sopra i 27 miliardi.

Quasi un terzo di questo importo, poco meno di nove miliardi di euro, è destinato alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, del servizio sanitario nazionale e delle imprese, alla fibra (Piano Italia 1Gbps) e al 5G.

Quasi quattro miliardi di euro per l’efficienza energetica dei comuni, delle scuole e per il rafforzamento dell’ecobonus del 110% residenziale, mentre un miliardo e mezzo per l’energia rinnovabile, l’idrogeno e la mobilità sostenibile. In realtà per lo sviluppo di eolico e fotovoltaico l’investimento è di appena 60 milioni, ma parliamo di tecnologie che già riescono a automantenersi e che quindi hanno bisogno di minori investimenti. L’agrivoltaico, più recente, riceverà invece 108 milioni. Tre saranno i miliardi destinati alla rete ferroviaria a alta velocità e sei miliardi quelli all’istruzione e alla ricerca (link per i dettagli).

I due terzi circa dei finanziamenti totali saranno concessi sotto forma di prestiti e circa un terzo come sovvenzioni a fondo perduto. Solo l’Italia e pochi altri (Grecia, Romania, Polonia e Portogallo) hanno chiesto prestiti, data la convenienza economica nell’avere fondi a un tasso inferiore a quello del proprio debito. La possibilità di richiedere prestiti fino al 6.8% del Reddito Nazionale Lordo fa dell’Italia, che ha attinto al massimo disponibile, la nazione con più fondi a disposizione: come detto, ben 191 miliardi di euro, cifra che dà una chiara idea della scala colossale di riforme e investimenti necessari.

Se ci si chiede quanto contribuiranno queste riforme a dare impulso all’economia, studi della UE indicano che, a seconda della rapidità di implementazione e del livello di produttività, si registrerà un incremento del PIL tra l’1.5% e il 2.5% nel 2026 in termini reali, con la creazione di circa 240 mila posti di lavoro. Non poco per un’economia cresciuta dell’1% annuo tra il 2015 e il 2019.

Si può immaginare che società legate a digitalizzazione e efficientamento energetico avranno molte richieste nel prossimo futuro, stando sempre attenti ai colli di bottiglia generati dalla difficoltà nell’ottenere approvvigionamenti di materiale e dal costo delle materie prime, in particolare dell’energia.

Il lungo viaggio che ci porterà a raggiungere lo scopo di tutto questo, ossia a essere il primo continente a emissioni nette zero entro il 2050, è iniziato. Forse ci si crede davvero o forse è un diversivo ideato ad hoc per promuovere una crescita anemica e ridurre una disoccupazione sempre troppo vicina alla doppia cifra. Magari sono vere entrambe le tesi, perché ambedue lodevoli e che possono coesistere. Certamente questa è un’ultima chance per l’Europa, e anche per l’Italia, di ottenere una certa fiducia da parte degli investitori.

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