Negli ultimi mesi c’è stato grande fermento riguardo all’idrogeno, la pietra angolare della trasformazione energetica, molecola senza la quale il target di emissioni nette zero non potrebbe essere raggiunto, solo elemento che ha la capacità di decarbonizzare i settori ad alto impatto di emissioni, quali trasporto pesante, acciaio, cemento, raffinazione, fertilizzanti e altro.
Sebbene l’idrogeno di per sé sia l’atomo più diffuso nel nostro pianeta, la sua molecola (H2) si ricava da altri composti. A seconda di come viene prodotta, si hanno tre tipi di idrogeno. Quello attualmente più diffuso è quello grigio, prodotto dal metano, ma che emette CO2 nell’atmosfera. Se la CO2 viene catturata e inserita in pozzi svuotati da gas o petrolio si ha quello blu. Se invece si utilizza l’elettrolisi dell’acqua, usando come energia quella prodotta dal sole o dal vento, si ha l’idrogeno verde. Oggi il 99% dell’idrogeno prodotto è grigio. Il motivo è il prezzo: 1,5$/Kg per quello grigio, quello blu ha lo stesso costo maggiorato del prezzo di cattura della CO2, stimato in 0,5$/Kg, fino al verde che supera anche i 5$/Kg.
Con la proclamazione dell’IRA da parte di Biden e i 470 miliardi di dollari a favore delle rinnovabili tramite sovvenzioni e crediti, ben 13 miliardi sono stati destinati allo sviluppo dell’idrogeno verde, andando a colmare la differenza di costo di 3,5$ rispetto all’idrogeno grigio che ne permetterebbe lo sviluppo e l’utilizzo.
Il 22 settembre anche il Dipartimento dell’Energia americano ha contribuito a rilanciare lo sviluppo della molecola, mettendo a disposizione altri 7 miliardi di dollari per un Hub dell’idrogeno attraverso gli Stati Uniti.
La Cina, molto attiva sul tema, ha messo sul piatto 20 miliardi di dollari, per arrivare a un volume d’affari di 150 miliardi entro il 2025.
L’Europa, dal canto suo, continua ad alzare i target di potenza di elettrolizzatori verdi installati da qui all’ormai prossimo 2025, passando dai 6GW del Green Deal ai 17,5GW del RepowerEU. L’ammontare messo a disposizione è di 5,2 miliardi di dollari, e conta di muoverne altri 7 tra gli investitori privati tramite le nuove regolamentazioni SFDR e Tassonomia.
Il costo principale dell’idrogeno verde è quello dell’energia necessaria per scindere la molecola dell’acqua. Per produrre 1kg di H2 verde servono circa 50-60Kwh e già solo il costo di 20€/MWh della corrente necessaria porta il prezzo paragonabile a quello dell’idrogeno grigio, rendendo questa tecnologia inefficiente.
Diventa dunque necessario lo sviluppo delle energie rinnovabili, i cui costi di produzione dell’elettricità sono scesi vertiginosamente negli ultimi anni, tanto da essere anche più competitivi rispetto all’energia prodotta da combustibili fossili e continueranno a calare nel futuro.
È quindi essenziale anche predisporre siti di produzione dell’idrogeno nelle vicinanze delle pale eoliche o dei pannelli solari, la cui l’energia generata possa produrre direttamente idrogeno, a sua volta trasportato laddove serva. In tal senso l’idrogeno funge dunque anche da batteria di energia, non solo come combustibile.
L’accelerazione dei governi verso la decarbonizzazione aumenterà la domanda mondiale di idrogeno verde nei prossimi anni. Le stime che si possono leggere un po’ ovunque sul web sono le più disparate, tutte comunque concordi su una crescita di diversi multipli da qui al 2050.
Questa crescita esasperata fa ballare le società in borsa come palline da flipper, che a seconda del sentiment possono guadagnare il 50% e più, o perderlo in poche sedute. Del resto parliamo di società che attualmente hanno cash flow negativo e lo avranno per i prossimi due, tre anni, proprio per gli ingenti investimenti in corso. In tempo di rialzo dei tassi, le stesse potranno soffrire, anche se tutti i CEO e i CFO delle società legate a questo settore sono galvanizzati dall’opportunità che vedono per il prossimo futuro e oltre.
L’idrogeno è un elemento esplosivo, e va dunque maneggiato con cura, come gli investimenti nelle società a esso legate.