L’Europa ha preso la sua decisione. Le armi sono, di fatto, un settore necessario alla propria sopravvivenza, quindi sostenibile. Già a novembre dello scorso anno, i ministri della Difesa europea hanno emanato una nota congiunta in tale senso. Da febbraio anche la Von del Leyen, prima paladina della trasformazione energetica europea, ha dato il suo benestare alle armi, dichiarando che entro il 2025 saranno prodotte due milioni di munizioni e che sono necessari investimenti per dotarsi di un proprio esercito europeo. Anche la possibile nomina di un ministro europeo della Difesa va in tal senso. Fin qui tutto bene, gli Stati membri devono sostenere la Difesa, nessuno problema. La parte controversa è chiedere che tali investimenti non siano solo governativi, ma anche privati. Da qui, il confluire di investimenti ESG, o sostenibili, a favore delle armi.
Con questa mossa, l’Europa sta perdendo la sua credibilità. Nata come promotrice degli investimenti green, capostipite della Tassonomia europea, acclamata come il vademecum della sostenibilità, la Commissione guidata dalla Von der Leyen ha dapprima inserito in essa il gas e nucleare, dopo che il Parlamento europeo li aveva tacciati come non sostenibili e ora sta facendo in modo che la Difesa sia inserita nella Tassonomia sociale, anche se ancora qualche resistenza c’è.
Chi crede che un mondo più sostenibile sia possibile e ha sposato l’idea dell’Europa, inizia a essere perplesso da questi continui ripensamenti, dettati dalle circostanze piuttosto che dai principi e dalle idee iniziali. Chi ha scritto politiche di investimento di fondi green, escludendo nucleare, gas e armi si ritrova ora spiazzato, messo a confronto con fondi dalle regole ESG più lasche e che hanno cavalcato la sostenibilità solo come un mero trend finanziario passeggero, quei fondi tra i quali sono stati smascherati i fondi rei di greenwashing. A questo punto, però, c’è da chiedersi se questi fondi siano davvero colpevoli o abbiano solo anticipato mosse che la stessa Europa sta pian piano compiendo. È dunque forse la stessa Europa che si sta rendendo colpevole dello stesso odioso fenomeno?
L’investimento in armi, inoltre non può che ridurre i fondi destinati alla Transizione ecologica, ritardandola, oltre che avere un effetto negativo sul PIL, come dichiarato da Greenpeace, la quale ha lanciato una petizione in Italia per fermare questo trend bellico.
E il tutto accade con le società europee in affanno, per portare avanti quei progetti tanto cari alla Transizione verso emissioni nette zero entro i 2050, ma che hanno bisogno di incentivi prima che l’evoluzione tecnologica le possa rendere autonome. Un esempio è l’asta pilota sull’idrogeno verde avvenuta lo scorso febbraio e i cui risultati saranno resi noti entro due mesi, durante la quale le offerte presentate, di gran lunga superiori agli 800 milioni di euro messi a disposizione, saranno giudicate in base al prezzo. Secondo l’amministratore delegato di NEL ASA, una delle società europee leader mondiale di questa tecnologia, tale scelta potrebbe far collassare il settore degli elettrolizzatori verdi europei qualora tali fondi andassero a produttori cinesi, i quali giovano di un costo del lavoro minore e sovvenzioni governative. La stessa preoccupazione è stata lanciata, nell’ambito del biodiesel, da una società tedesca, Verbio, che da mesi denuncia l’Europa di permettere sempre ai produttori cinesi di inondare il mercato europeo con falso biocarburante, mettendo a rischio non solo le aziende europee di questo settore, ma di sovvenzionare forme che possono definirsi di greenwashing. Questi fenomeni si aggiungono all’attuale contesto di mercato, dove i tassi elevati colpiscono in maniera più profonda le imprese europee di piccole e medie dimensioni che investono per il futuro, rendendole poco appetibili per gli investitori privati, allontanando di fatto quei capitali che l’Europa stessa si era promessa di attrarre con le proprie leggi. Così mentre le società legate alle energie rinnovabili e all’idrogeno verde continuano a naufragare in borsa, le società della difesa moltiplicano la propria capitalizzazione per multipli proporzionali agli investimenti in armi.
Se questa è l’Europa della Trasformazione, forse qualche ripensamento va fatto.